Roma, 08.12.2014 - Il deputato cuneese del Pd Mino Taricco ha presentato, come primo firmatario, un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio Galletti e al Ministro delle politiche agricole Martina

Mino Taricco ha domandato al Governo quali iniziative intenda assumere e se ritenga ci siano i presupposti per adottare provvedimenti ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione di Berna, anche eventualmente operando un’azione di contenimento, mediante trasferimento o abbattimento selettivo controllato, di alcuni capi della pericolosa specie protetta del lupo, la cui crescente presenza sui territori montani sta causando danni all’agricoltura in Italia.

pecore dilaniate dai lupi

 

A questo proposito, Taricco ha voluto chiedere ai ministri quali siano i dati in possesso del Governo sulla consistenza e l’andamento demografico della specie protetta del lupo sul suolo nazionale e sugli effettivi danni causati da essa alle produzioni agricole e zootecniche. “Siamo di fronte a un problema di grande attualità - ha detto Taricco - e che richiede analisi e risposte concrete. Molti, infatti, sono i danni causati dall’azione di alcune specie di fauna selvatica, come i lupi, all’agricoltura e all’allevamento: a risentirne sono in particolar modo le medie e piccole imprese, con rilevanti perdite nei bilanci economici, e specifici settori di qualità ed eccellenza, tra cui quello viti-vinicolo.

In questo senso, va ricordato come la Convenzione di Berna del 1979, all’interno di un quadro complessivo di tutela delle specie protette, consenta specifiche deroghe in situazioni critiche, che permettono azioni di contenimento e di cattura: con questa interrogazione abbiamo dunque voluto chiedere al Governo di valutare la possibilità di mettere in atto queste deroghe per quanto riguarda il caso dei lupi in Italia”.

Tra i cofirmatari dell’interrogazione parlamentare ci sono i deputati del Pd Colomba Mongiello, Gian Pietro Dal Moro, Paolo Cova, Angelo Senaldi, Maria Antezza, Vittoria D’Incecco, Assunta Tartaglione ed Edoardo Patriarca e i deputati del Gruppo misto Albrecht Plannger e Oreste Pastorelli.

Siena, 4 dicembre 2014 - Poteva essere una tragedia ma per fortuna l’esperienza del nostro protagonista ha fatto in modo che la brutta avventura si esaurisse con il lieto fine. Il nome non conta e quindi evitiamo di citarlo, contano invece molto i fatti, soprattutto come monito per chi pensa di poter sfidare i boschi e l’oscurità a cuor leggero, senza comprendere bene quali sono i reali pericoli.

di Paolo Brogi

I lupi, nelle nostre zone ma non solo in quelle, sono tristemente famosi per le stragi di ovini che arrecano danni ingenti ai pastori. Episodi sempre più frequenti con una disperata ricerca di rimedi, assolutamente complicata. Non solo. Il lupo, se in branco, può rappresentare un pericolo anche per l’uomo. E qui comincia la nostra storia, datata soltanto di qualche giorno e che ha avuto come teatro la zona di Casciano di Murlo, in particolare la località chiamata Castel di Notte.

branco lupi

UN CACCIATORE, intorno alle 18,30 del pomeriggio, ossia quando l’oscurità aveva già totalmente preso il posto del giorno, si è addentrato nel bosco in cerca di un cane da cinghiale ferito in una battuta, individuabile grazie al collare particolare collegato con un sistema Gps. Dopo poco l’uomo ha avvertito i primi ululati, che con il passare dei minuti sono diventati più forti e vicini. La distanza iniziale dal branco di animali di 250 metri in breve si è ridotta ad appena un centinaio, fino a che il cacciatore, senza fucile perché dopo il tramonto la legge non consente di portarlo, si è reso conto di essere circondato. Per fortuna l’esperienza del nostro protagonista e l’abitudine a camminare nei boschi lo hanno consigliato a trovare un riparo sicuro, salendo sul tetto di una capanna.

IL LUPO è un animale molto intelligente, solitamente non si lancia in un attacco frontale quando non ci sono le condizioni, piuttosto aspetta gli spostamenti della propria vittima, percepisce la sua difficoltà e al momento giusto, in particolare se in branco, sferra il feroce assalto. Il nostro cacciatore sul tetto della capanna ci è rimasto oltre due ore, circondato da una quindicina di lupi. Poi sul posto sono arrivati il padre ed alcuni amici chiamati con il telefonino e il branco di lupi si è ovviamente disperso, anche se uno degli esemplari ha voluto accompagnare il gruppo, precedendolo di qualche centinaio di metri sul sentiero che portava alla strada principale, fino quasi alle auto.

«MAI IN VITA MIA – ci racconta l’uomo – avevo provato una paura del genere. all’inizio pensavo che la mia sola presenza spingesse i lupi nella direzione opposta, invece sono venuti proprio dove mi trovavo io senza alcun timore. Per fortuna ho un’esperienza di boschi e animali, perché non voglio nemmeno pensare cosa poteva accadere ad un ignaro cercatore di funghi che si fosse trovato nella mia stessa situazione. Si tratta di animali che in certe situazioni possono essere davvero molto pericolosi per l’uomo».

fonte: www.lanazione.it

 

Bruno Oberle ha incontrato oggi una delegazione italiana. Si è parlato anche di grandi predatori e parco nazionale

Berna, 24.11.2014 - Le questioni della regolazione delle acque del Lago Maggiore, dei grandi predatori e della creazione di un parco nazionale transfrontaliero sono state al centro di un incontro a Berna tra il direttore dell'Ufficio federale dell'ambiente (UFAM), Bruno Oberle, e una delegazione italiana guidata dal direttore generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia Francesco La Camera.

Lo indica oggi in una nota l'UFAM, precisando che durante i colloqui si è pure parlato di economia verde e di inquinamento atmosferico in Ticino e in Lombardia. Il punto principale all'ordine del giorno è stata la necessità di rafforzare la collaborazione transfrontaliera per la regolazione del livello delle acque del Lago Maggiore. Le due parti "hanno convenuto di esaminare, entro la prossima primavera, le condizioni giuridiche e tecniche di una tale regolazione, anche in vista dell'eventuale istituzione di un organo comune".

M25 Zernez

Le discussioni si sono inoltre incentrate sulla gestione dei grandi predatori, in particolare sull'avanzamento dei lavori avviati con i Paesi dell'arco alpino per cercare una soluzione alle difficoltà indotte dai cosiddetti orsi "problematici", precisa ancora il comunicato. Entrambi gli Stati si sono accordati per uno scambio di informazioni sulla gestione dei plantigradi. Nel quadro di un dialogo ambientale è stata pure evocata la creazione di un parco nazionale transfrontaliero, auspicata da diversi comuni svizzeri e italiani, che potrebbero includere il Parco nazionale del Locarnese e la Valle dei Bagni sul territorio italiano.

In una prima tappa della collaborazione è stato deciso di verificare le basi legali adeguate per la creazione di questo tipo di parco. L'incontro dovrebbe essere la prima di una serie di discussioni periodiche fra i due Paesi a livello tecnico e strategico. La prossima riunione è prevista in Italia in primavera.

Fonte: ATS | 24 nov 2014 12:02

Sabato 8 novembre 2014 presso il Palazzetto dello sport Palalinte si svolgeva l’assemblea straordinaria AmAMont che prendeva posizione sulla questione grandi predatori nel senso che AmAMont avrà come base e linea guida la dichiarazione di Poschiavo adottata nel convegno del 29.03.2014

Erbezzo 8.11.2014 - Oltre ad alcune trattande statutarie ordinarie l’assemblea prendeva atto della ristrutturazione in corso dell’Associazione AmAMont (come già deciso nella precedente assemblea a Gerola dell’aprile 2014) anche in vista di possibili collaborazioni con altre associazioni, particolarmente con le associazioni dei contadini e della SAB svizzeri.

A tal riguardo veniva presentata la ristrutturazione in corso del sito www.amamont.eu con nuovo sistema previsto trilingue (it/td/fr). Nel merito della pubblicizzazione l’assemblea decideva di non creare ufficialmente tre diversi acronimi, bensì di mantenere per tutte le tre lingue quello iniziale e storico di AmAMont (con indicazioni di traduzione nelle lingue tedesco e francese).

L’assemblea poi su preavviso della Commissione scientifica decideva di assegnare annualmente un premio AmAMont. Per l’anno 2015 si decide un premio per un esperienza di innovazione di un giovane sulla montagna di Euro 500.00.

Al punto 5 l’assemblea, dopo vivace e intensa discussione prendeva posizione sulla questione grandi predatori nel senso che AmAMont avrà come base e linea guida la dichiarazione di Poschiavo adottata nel convegno del 29.03.2014. A proposito di una eventuale partecipazione al bando Expo 2015, su chiare indicazioni del Prof. Raschi di Firenze che ne delinea le condizioni assai fantasiose e improponibili, per il momento si decide di non approfondire la pratica.

Segreteria AmAMont

 

«Bisogna tornare a far fieno e a pascolare, guardando al turismo» Il problema dei lupi resta in primo piano: servono soluzioni idonee

di Vittorio Zambaldo

Convegno Erbezzo Palalinte

C'è molta strada da fare in montagna, anche perché, per andare avanti, bisognerà tornare indietro per cambiare direzione. L'immagine rende l'idea del succo delle relazioni che, per tre ore, hanno tenuto incollati gli ascoltatori al Palalinte di Erbezzo nel convegno che l'amministrazione comunale ha voluto per celebrare l'anno internazionale dell'agricoltura familiare, promosso in collaborazione con le associazioni Tutela della Lessinia e Amamont (Amici degli alpeggi e della montagna) e con il patrocinio della Regione.

In premessa lo svizzero Plinio Pianta, presidente di Amamont, ha sollecitato a non guardare più supinamente all'abbandono della montagna: «Ognuno cominci a salvare il suo alpeggio se si vuol far vedere che le aree alpine possono essere risorsa per contrastare l'esodo e l'abbandono, perché la qualità della vita in montagna è unica ed invidiabile».
Fabio Zivelonghi, presidente dell'Associazione Tutela della Lessinia ha ribadito che gli associati «si stanno organizzando per idee e proposte di sviluppo e per rimediare a scelte non condivise, con la forza che viene dalla coesione di gruppo e dalla condivisione di obiettivi. Per noi la montagna è fondamentale, fonte primaria di sostentamento e i suoi abitanti orgogliosi di essere montanari».

Dopo un'inquadratura generale della Lessinia dal punto di vista geografico, geologico e storico, Ugo Sauro, già docente di Geografia fisica all'università di Padova, non ha mancato di denunciare mali ben conosciuti: lo spopolamento; il consumo di territorio causato dal proliferare di cave, seconde case, capannoni avicoli e di suini con conseguenti inquinamenti dell'acquifero, fino all'emblematica foto di uno scorcio ripreso a decenni di distanza con il bosco che ha chiuso quelli che erano spazi aperti e sta assediando i paesi, come le serre di fragole assediano le contrade. La sua proposta è di un turismo a basso impatto, qualità dei prodotti locali, «e soprattutto investire di più in cultura ed educare al paesaggio».

Giulio Cozzi, docente al Dipartimento di Medicina animale, produzioni e salute a Padova, ha messo il dito nella piaga di una zootecnica ipertrofica che ha ammorbato la montagna: «Alle razze autoctone si sono sostituite autentiche calamità, come la Frisona, selezionata in Olanda con nessuna esperienza in altitudine, arti leggerissimi perché non doveva camminare ma solo diventare una macchina da latte. Negli ultimi vent'anni si è perso il 25 per cento di superficie foraggera nell'arco alpino, accompagnata da una moria di aziende (meno 59,9 per cento) e di presenze animali (meno 29,4 per cento). Bisogna tornare a far fieno e a far pascolare la montagna e i punti di svolta sono: una politica che riconosca all'allevatore il servizio di tutela ambientale; valorizzare le tipicità zootecniche; unione virtuosa con il turismo che però richiede formazione e riscoperta della propria identità», ha concluso Cozzi.

L'esperienza piemontese è stata raccontata da Luca Battaglini, del Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell'università di Torino, che ha parlato di ritorno di famiglie alla pastorizia, citando dati Istat che parlano di tremila giovani con meno di 35 anni che tornano a fare i pastori, complice la crisi, ma anche la scelta di un'imprenditoria indipendente. La proiezione di un filmato su giovani famiglie che hanno scelto questo tipo di vita è stato illuminante per capire motivazioni e convinzioni.
Infine per la parte delle relazioni, è stato emblematico l'intervento di Fausto Gusmeroli, docente al Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali, produzione, territorio, agroenergia dell'università di Milano che ha sgomberato il campo da una falsa convinzione di sostenibilità che mette al primo posto l'economia, richiamandosi al precetto dei Pellerossa: «La Terra non ci è data in eredità dai nostri padri ma in prestito dai nostri figli». «Non è solo una risorsa economica, ma un luogo che abitiamo e l'idea che la vita sia competizione porta alle degenerazioni che oggi vediamo. Il cambiamento è da fare in testa, rovesciando la gerarchia della sostenibilità che chiede di esser prima ambientale e sociale e poi economica: sostenibile è ciò che è armonioso con la vita e le altre persone», ha concluso.

Anche dal pubblico sono venute sollecitazioni per una visione di futuro che è stata definita «profetica», con un ritorno alla cooperazione nel baito di contrada, con la richiesta d'impegno da parte delle istituzioni per una soluzione idonea al problema dei lupi e con l'esempio della riscoperta della pecora Brogna, un percorso sostenibile che l'associazione di tutela ha fatto secondo le indicazioni di Gusmeroli.

Nelle conclusioni monsignor Bruno Fasani, prefetto della Capitolare ha citato «il cortile educativo, dove la crescita non era affidata ai genitori ma alla contrada, dove ti sentivi parte di un progetto: oggi i giovani sono assenti perché pensano che qui in montagna non ci sia nulla perché soffocati dalla cultura digitale appiattita sul presente, mentre ci sono relazioni umane e storie da scoprire». 

Fonte www.larena.it

 

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